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Mente e corpo in età evolutiva

3 Maggio 2024

Pubblichiamo la rielaborazione – nello stile dell’intervista – di una lezione della Dott.ssa Maria Zirilli tenuta presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Conversazionale di Parma a opera di Paolo Giorcelli, studente della suddetta Scuola

1. Quali sono i primi passaggi di crescita nel bambino?

L’orientamento temporo-spaziale (come si muove: disorganizzato, assente, distorto, ecc.) e lo specchio (il piacere di toccare il proprio corpo).

2. Quali sono le mosse autentiche ed inautentiche delle figure che lo circondano?

Il primo sguardo diagnostico è quello  della madre. Se lo vede bello, il bambino si sentirà così. Le mosse autentiche più comuni sono di tipo repressivo (“Non lo viziare, altrimentii prende brutte abitudini”) e di disconoscimento della novità (“Assomiglia a…”). E’ così opportuno attivare una dialettica tra l’impulso a connotare in riferimento al già noto e l’attenzione (non spontanea) verso il nuovo.

3. Cosa rappresenta la nascita per un genitore?

La nascita e la pubertà sono due momenti critici in cui il corpo prevale. Alla nascita, la madre è debole come il figlio (la caduta di ormoni estrogeni, il calo di endorfine, lo rendono down da un punto di vista biologico). E’ importante che sia accolta e valorizzata nella sua debolezza. La dinamica opposta (“Tirati su…Non essere così…”) crea stigma e la possibile conseguenza della depressione post-partum, condizione sintomatologia diffusa solo in contesti, come quello occidentale, che non supportano, o supportano poco e male la donna dopo la nascita del bambino. L’essere soli è la peggiore delle condizioni. Sulla solitudine cresce di tutto, dalla paranoia al delirio.

Quando si fa sera è bello e consolatorio essere insieme. Ricordiamoci il gioco del crepuscolo dei bambini all’aperto, almeno di quelli di una volta.

4. Come si può definire allora la nascita?

La nascita è un momento che introduce una discontinuità, è un processo che inizia con la reverie materna (i sogni ad occhi aperti della madre) e paterna, che determinano la prefigurazione del bambino. La nascita comincia così come un sogno. Nel momento del concepimento si comincia a scrivere la storia di quella persona. La madre lo sente nella pancia, gli altri reagiscono e si posizionano. Fondamentale appare dunque recuperare la reverie materna e paterna nei casi di rifiuto o di mancato iniziale riconoscimento del bambino.

5. Quali sono le parole che emergono quando si pensa al rapporto mente-corpo nel bambino?

Disordine e sporco (attitudini di ricerca, curiosità, esplorazione, desiderio di incorporare), correre (espressione di felicità, con lo sguardo rivolto all’indietro e all’intorno), toccare… Tutte parole che indicano felicità, di un vissuto passato e del ricordo presente. Perché possiamo interagire con un bambino dobbiamo tenere vivo il bambino dentro di noi. La prima forma di conoscenza è attraverso il contatto e il muoversi del bambino ha spesso la configurazione della danza. Toccarsi, danzare, manipolare, risvegliano i neuroni. Come è importante abituarsi a vivere il mondo da re e non da servi!. Uno si sente meglio, è come avere più soldi..

6. Cosa succede quando le cose vanno bene?

Il bambino ha orientamento temporo-spaziale (riconosce il prima e il dopo delle sue azioni), ha un buon contatto (risponde allo sguardo), esplora la stanza e quando si muove non spacca.

7. Quali allora le forme di disagio?

Quella più banale è l’irrequietezza, ben diversa dalla vivacità del muoversi. Come sempre ogni sintomo, ha un piede nella sofferenza e uno nella salute e corrisponde al farsi vedere, ad una carenza di narcisismo positivo, a un movimento afinalistico e non appagante. Per capire la natura e le conseguenze del sintomo è opportuno leggere il comportamento e l’umore sottesi. Se un bambino è irrequieto e contento, disorganizzato ma felice, quella condizione, seppure sintomatologia e disturbante il contesto, è destinata a passare perché il bambino sta scaricando qualcosa.

In età evolutiva l’umore (se è allegro) e la socializzazione (se non è solitario), sono due indicatori immediati e primari nell’osservare uno stato di benessere e per differenziarlo da uno di malessere. Il bambino scarica l’energia che lo rende irrequieto quando ha una meta. Ne consegue l’importanza di interagire con il bambino irrequieto per trasformare i suoi gesti in qualcosa di condivisibile, per orientarli ad una meta. Ad esempio, se il bambino picchia la testa contro il muro, frapporre la propria mano e lamentare il dolore possibile, consente al bambino di introiettare l’espressione del nostro dolore, apprendimento empatico cruciale per un bambino maltrattato che non ha introiettato questo tipo di limite.

8. Ma perché il bambino è irrequieto?

Il bambino assorbe i problemi della coppia genitoriale, oppure reagisce a problemi fisici che non riesce a nominare, o ancora è reso elettrico da un’iperstimolazione di contesto. Quest’ultima è una condizione recente e in continua espansione. Il bambino che ha troppi stimoli non riesce a contenerli e ad elaborarli con una mente infantile. ma questo vale anche perr gli adolescenti che vivono una realtà tutta uguale, massificata, al neon, con stimoli subliminali, costanti ed incongruenti. Spegnere il PC dopo cena, farsi un pisolo, sono buoni consigli da dare per recuperare uno spazio personale, di riappropriazione del sé e di crescita. Il bambino irrequieto è tale perché scarica l’iperstimolazione.

9. L’irrequietezza coincide con il disturbo della concentrazione?

L’irrequietezza non è necessariamente disturbo della concentrazione (di natura biologica e curato con farmaci che eccitano). Il neurone è una piccola centrale elettrica in continuo movimento. Con i farmaci aumenta l’eccitamento da un punto zero, la sincronizzazione dell’eccitamento aumenta così la concentrazione. E’ come quando si prende il caffè o si fuma una sigaretta; l’eccitamento, se delimitato ad un momento, “fa scattare” la concentrazione. La miglior cura per il disturbo della concentrazione nei bambini è allora quello di aumentare gli impegni accompagnati. L’iperattività è, in sostanza, ipernergia non incanalata, da non spegnere con i farmaci.

10. Quali le differenze tra l’irrequietezza del bambino e quella dell’adolescente?

L’irrequietezza nell’adolescente è fisiologica, nel bambino no. Il bambino che sta bene è vivace ma tranquillo. In età evolutiva tutto è fase dipendente, lungo le linee evolutive il corpo si modifica e la mente si organizza. L’adolescente è un segmento della linea evolutiva mente-corpo, a cui nessuno si può sottrarre, ma che ognuno interpreta a suo modo in un processo di soggettivizzazione centrato sul rapporto personale della propria storia con il mondo.

11. Se l’irrequietezza non è un sintomo in adolescenza, quali altri comportamenti esprimono disagio in quell’età?

Un esempio è il tagliarsi. Ancora una volta, un sintomo con un piede dentro la malattia (c’è un dolore che non si riesce a contenere e a controllare) e un piede fuori (posizione del soggetto che da recipiente passivo diventa attivo: il corpo è l’unico territorio che rimane per innescare il desiderio di riemergere attivamente).

12. Le percosse cosa provocano?

La mortificazione di una parte vitale del sé, un’invasione del sé corporeo, come anche gli spintoni, gli strattonamenti e le urla.

13. Un bambino piccolo come esprime il disagio?

Il disagio in età evolutiva è sempre fase-dipendente. Il bambino piccolo, sotto l’anno di età, lo esprime con il pianto, l’irrequietezza, l’inappetenza, l’insonnia. La diagnosi si fa valutando alcuni indicatori, come il tono muscolare (ad esempio se riesce a tenere su, oppure no la testa). Concetti come la depressione anaclitica di Spitz, la base sicura della Ainsworth vengono a tal proposito in aiuto. Il disagio da 1 a 3 anni si manifesta con isolamento, mancata spinta esplorativa, difficoltà nel dare e ricevere lo sguardo, pianto ripetuto, irrequietezza, ritardi nello sviluppo del linguaggio e della deambulazione. Il bambino che non cammina a 13-14 mesi ha poco da investire, è passivo, qualcosa gli inibisce il suo slancio ad entrare nel mondo. E’ così opportuno analizzare la situazione, domandarsi se è stato sufficientemente valorizzato, se gli è stato tolto qualcosa. La forma del sintomo nasce dalla storia e dal carattere (il bambino agitato ha di solito un contesto di vita confuso, quello che si ritira ne ha uno violento). In questo intervallo di tempo si possono  avere le grandi sindromi dell’età evolutiva (autismo, Aspeger, mutismo elettivo inteso come scelta attiva nella passività).

14. Esistono le nevrosi sotto i tre anni?

A qualsiasi età ci possono essere i segni di tutte le patologie, con forme diverse. Sintomi di carattere nevrotico nel bambino sono le stereotipie, le isterie, le somatizzazioni. Il vomito del neonato, il rifiuto del cibo perché gli sembra avvelenato da chi glielo dà sono altre espressioni di questo tipo di disagio.

15. Si può parlare di svolta a 5 anni anche nelle manifestazioni del disagio? A quell’età i bambini si accorgono che esiste la realtà funzionale del sogno (“Mamma stanotte ho fatto un sogno”). I sogni dei bambini, come quelli dell’adulto, hanno come origine un appagamento allucinatorio del desiderio, e il lavoro onirico, che consiste nella trasformazione del contenuto latente in qualcosa d’altro, è poco (c’è la trasposizione immediata del desiderio in scena allucinatoria). E’ bene quindi interagire col bambino sul sogno (l’adulto, genitore o terapeuta, è coattore della sua scena), piuttosto che lavorare con le catene associative (“Mi sembra di vedere”). Lo stesso accade con gli psicotici: ti obbligano ad entrare nel loro sogno. Con i bambini la cosa più importante è la personalità del terapeuta. E’ richiesta accoglienza e capacità di mettersi in gioco. Ad esempio al bambino che prende gli oggetti e li spacca per la rabbia si può dire “Tu qui puoi prendere tutto, basta che non lo rompi”, una semplice interazione che non soffoca il vissuto e, allo stesso tempo, pone le regole fondanti la reciprocità della relazione. Al bambino spaventato dai mostri si potrebbe dire “E allora noi li prendiamo con l’astronave”, al bambino che disegna “Cos’è questo?…Potresti fare…).

Mente e corpo in età evolutiva