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Conversazionalismo e psicosomatica

Alcuni cenni sulla psicosomatica

La psicosomatica è stata definita: “un approccio operativo alla teoria e prassi dellamedicina, in cui la struttura e il funzionamento dell’apparato psichico vengono trattati come una variabile della Salute e della Malattia”.

L’idea che la Salute fosse legata anche alle emozioni in realtà è antica, basta ricordare Ippocrate e le sue espressioni: “Se l’anima si ammala essa consuma il corpo” e Gli organi ubbidiscono ai sentimenti”, ma i progressi scientifici della Medicina avvenuti, anche se lentamente, nel corso della storia, hanno via via messo in secondo piano la dimensione psichica della salute, relegandola quasi esclusivamente alla sua declinazione psichiatrica.

Dobbiamo a Johann C. A. Heinroth, cattedratico di Psichiatria di Lipsia, la prima definizione del termine “psicosomatico” nel 1818. Egli ipotizzava che le passioni sessuali esercitassero un influsso sull’insorgenza di alcune patologie come la tubercolosi, il cancro e l’epilessia.

A quasi un secolo di distanza la psicoanalisi contribuisce, per prima, alla nascita della psicosomatica come ricerca e come clinica, da quando Freud introduce la nozione di inconscio nella scienza medica (“i processi psichici riposano sull’organismo”) e distingue nel sintomo un aspetto psicologico (che considera suo campo di studio) ed uno organico (che non può affrontare). Così, dai primi anni del secolo scorso fino ai ’60 dello stesso, la psicosomatica è stata studiata in chiave prevalentemente psicodinamica, anche se, grazie al lavoro di Seyle già negli anni ’30, il concetto di stress rende finalmente possibile un modello interpretativo delle interazioni psicosomatiche, chiarite nelle loro dinamiche fisiologiche, molto efficace e di notevole utilità operativa.

Difficile riassumere in sintesi tutti i numerosissimi studi che si sono svolti nei decenni successivi, fino ai nostri giorni, seguendo due filoni: quello della ricerca clinica e sperimentale e quello dell’epidemiologia.

Basta ricordare che le grandi ricerche epidemiologiche sui Determinanti, sviluppate a livello mondiale, hanno affiancato la rivoluzione data dalla ricerca neuroscientifica, tanto da permetterci oggi di condividere pienamente quanto recentemente affermato dalla Prof.ssa Michela Matteoli, Direttrice dell’Istituto di Neuroscienze del CNR:“E’ antiquata la visione che separa la biochimica dalle idee, la logica dalle emozioni, l’individuo dalla società, la testa dal resto”.

Un’ottica che non sia psicosomatica oggi, in medicina, in psicologia e in psichiatria va quindi considerata veramente antiquata.

Ritornano di piena attualità le parole George L Engel nel suo famoso articolo su Science del 1977: “..l’unità psicobiologica dell’uomo richiede che il medico accetti la responsabilità di valutare qualsiasi problema il paziente presenti.. Ecco perché la conoscenza professionale di base del medico e le sue competenze devono comprendere gli aspetti sociali, psicologici e biologici per poter decidere e agire nell’interesse del paziente che è coinvolto in tutte le tre dimensioni”.

Come spesso accade tra i risultati della ricerca, come visto chiarissimi, e la pratica clinica rimane uno iato non sempre facile da colmare, perché le pratiche cliniche poggiano su percorsi consolidati nella storia difficili da smontare. E questo vale sia in medicina che in psicologia. Per questo pensiamo fondamentale che, parafrasando Engel: la conoscenza di base di ogni professionista della salute e le sue competenze devono comprendere sempre gli aspetti sociali, psicologici e sociali.

Una scuola di formazione pertanto, come le scuole di psicoterapia, deve pertanto necessariamente includere nel suo percorso lo “sguardo psicosomatico”.

Come Giampaolo Lai ha affrontato il tema della psicosomatica

L’ottica più appropriata è quella che declina la psicosomatica attraverso quattro paradigmi fondamentali: quello relazionale, quello biopsicosociale , quello dell’unità della persona fra soma e psiche, quello conversazionale.

Giampaolo Lai e Pierrette Lavanchy sono sempre stati vicino alle attività della Società Italiana di Medicina Psicosomatica (SIMP) partecipando con contributi di particolare livello a numerosi congressi. In occasione del XXIII Congresso Nazionale della SIMP (2011) dedicato a “Pregiudizio e terapie” Giampaolo Lai e Pierrette Lavanchy hanno prodotto una conversazione sul tema del congresso testimoniando il loro interesse alla psicosomatica e la peculiarità dell’approccio conversazionale in quest’ambito. Qui vengono riportati alcuni passaggi significativi e si rimanda a questo link (https://www.simpitalia.com/pregiudizio-e-terapie-conversazione-con-lai-lavanchy/) per una lettura completa della conversazione.

(…)

Lavanchy: Per tornare al Conversazionalismo, sembra che si distingua sia dall’una sia dall’altra prospettiva.

Lai: Sì, assolutamente. Si basa sulle parole, su quello che l’altro ti dice, ed è l’altro che delimita il suo ambito, il suo campo di applicazione, se è un tunnel carpale, o una gastralgia, o un polipo rettale. Quindi tu come conversazionalista, e come trader venditore di beni di parola, cerchi di fare emergere ciò che il trader compratore ti chiede. Come se fosse un mercato. Lui ti chiede delle cose, e tu gli restituisci degli altri beni di parola, in un bilateral verbal trade. Gli vendi delle parole che possono essere più o meno adatte a che lui gratifichi o riempia il vuoto che lo ha spinto a venire da te.

Lavanchy: Stavo pensando a un possibile contro-esempio, l’esempio di ciò che non farebbe mai un Conversazionalista, cioè  tradurre la domanda del cliente o paziente o trader compratore in qualcos’altro, dicendo “parli del tuo stomaco perché in realtà vuoi parlare della tua anima”.

Lai: “Mi parli della tua metrorragia per dirmi che hai una grande voglia di diventare madre”. No, assolutamente. Così evita le impasse riduzionistiche dell’uno e dell’altro approccio, psicologico e somatico. Il mal di stomaco è un mal di stomaco, e basta.

Lavanchy: In questo modo evita anche le insidie del body-mind problem, della scelta tra monismo e dualismo.

Lai: E evita anche il pregiudizio dei farmaci, perché il conversazionalista è consapevole della aleatorietà del bilateral verbal trade, che può interrompersi, e allora puoi lanciare un incentivo anche farmacologico purché continui. Sapendo però che il farmaco sposta la p del prezzo pagato a sinistra della x e diventa così un debito che dovrà essere presto o tardi pagato. C’è un mio amico ansioso che ha cominciato a prendere sei, sette, dieci tranquillanti al giorno e questo diventa nella terapia un debito molto pesante. (…)